Alla sua morte 

ho preso dei maglioni, una giacca e un pigiama.

Ogni giorno, da allora, indosso gli abiti di mio padre. 

Ho esteriorizzato il carnefice. 

Sono vestita da lui.

Ricordo consistenza odore e colore

del padre che credevo con fede assoluta,

(allora non sapevo si chiamasse fede assoluta) 

lui fosse.

E in questo ‘fosse’ c’è un’interezza che coagula passato presente futuro

l’assenza di dubbio,

(allora non sapevo si chiamasse dubbio, anche perché non ne avevo):

quella era la vita, quello era il padre.

Non esistevano verbi modali,

volere potere,

ipotetiche varie.

Sono venuti dopo

la volontà  la vendetta le versioni alternative di ogni battaglia

le storie cavalleresche che mi vedevano salva a drago sconfitto,

Avevo dimenticato, 

nella guerra finita per la morte di uno dei due, 

il sogno infantile

che ci ritrasfromassimo in noi, 

in me in braccio a lui

dentro quel maglione verde di lana grezza 

con una tasca sulla destra:

cantavamo insieme,

si dimenticava quanto lo irritavo

perché ero intonata

Anna Segre

www.annasegre.it